La Sacra Corona Ungherese |
La tradizione ungherese tramanda che la Sacra Corona non era stata da principio destinata al re magiaro Stefano, bensì al re polacco. Fu in sogno che papa Silvestro II ricevette l'Arcangelo Gabriele che lo esortò a donarla al re di quel popolo che aveva appena conosciuto il cristianesimo. Tuttavia più realisticamente si suppone che la corona sia composta di due parti, costruite in epoche differenti e poi unite nel XII sec., diventando il simbolo indispensabile dell'incoronazione dei re ungheresi fino al 1916 quando Carlo IV, l'ultimo re ungherese, venne incoronato con essa. Re Stefano affidò la corona e con essa l'intera Ungheria nelle mani della Madonna quando, rimasto senza eredi per la morte del figlio Imre, si trovò nella difficile situazione di dover affidare il suo regno al nipote veneziano Pietro Orseolo, sgradito alla moglie Gisella. Per questo ancora oggi le rappresentazioni ungheresi della Madonna la raffigurano con la Sacra Corona sul Capo. Ella è infatti la patrona dell'Ungheria, la Santa più venerata in terra magiara. La sacra corona è custodita oggi nel parlamento ungherese poichè rappresenta l'identità del popolo magiaro, infatti con essa Stefano potè costruire uno stato unitario ed abbracciando il cristianesimo ne permise l'inserimento in Europa. Pur essendo ora una repubblica, l'Ungheria custodisce la Sacra Corona come simbolo della comunità dello stato e la sua indipendenza, quasi fosse una reliquia della nazione ungherese. |
Il sogno di Silvestro
Papa Silvestro II una notte fece un sogno molto particolare. In esso gli apparve un angelo che gli disse: “ Tanti secoli fa uno dei tuoi predecessori è uscito a piedi nudi dalla Porta di Roma per chiedere ad Attila, re degli Unni, di graziare la città. Il grande Attila ascoltò la sua richiesta e se ne andò in pace dalle mura di Roma. Adesso il successore di questo Attila, Stefano figlio di Géza, sovrano degli Ungheresi, si rivolge a te. Vorrebbe una corona di Re e per il suo popolo ti chiede una benedizione apostolica. Fagli questo favore, Silvestro, perché se acconsentirai gli ungheresi diventeranno lo scudo della Cristianità e la loro spada diverrà la spada della Chiesa. Gli Ungheresi sopporteranno più sacrifici e soffriranno mille volte di più per la religione cristiana che tutti gli altri popoli del mondo messi assieme.” Infatti passarono solo alcune settimane e veramente giunse l’Arcivescovo Anastasio dalla terra degli ungheresi, accompagnato da un magnifico seguito e portando doni preziosi. Costui chiese al Papa una Corona per figlio di Géza, Vajk battezzato col nome di Stefano. Papa Silvestro accolse gli ungheresi con grandissima gioia e mandò loro la sua benedizione apostolica accompagnata da una lettera, e con essa la sospirata corona del Re.
Nella lettera era scritto: “Papa Silvestro, il servo di Dio, manda la sua benedizione al sovrano degli Ungheresi. Concediamo mandiamo e doniamo, per la potenza che abbiamo ricevuto da Santo Iddio e dai Santi Apostoli, tutto quello che ci hai chiesto unito anche alla nostra benedizione. Vi mando la corona del Re insieme al titolo regale apostolico e vi concedo di erigere l’arcidiocesi di Esztergom e gli altri episcopati. Oltre a questo, per il potere derivante dalla nostra dignità apostolica concediamo e preghiamo che tu e tutti i tuoi successori degni e legittimi, chiunque essi siano, portino sempre innanzi a loro la Croce come simbolo apostolico. Come compete ad un re apostolico, Tu e i tuoi successori siete liberi di decidere, di amministrare la giustizia, di decretare in luogo Nostro tutte le disposizioni relative alla Chiesa sia nel presente sia nel futuro, nell’ambito della vostra Patria. Roma anno 1000 del Signore, ventisettesimo giorno del mese di Marzo.”
Così la sacra corona partì per la sua strada verso l’Ungheria e da Roma l’accompagnarono schiere di Angeli e Santi in cielo, scacciando tutte le nubi, le tempeste e le piogge dalla via. Ovunque andasse la compagnia custode della Corona, d’improvviso tutt’intorno la natura rifioriva. I fiori sbocciavano ai lati della via, anche quando percorsero i sentieri dei monti ancora coperti dalla neve. Ma molti altri miracoli accompagnarono il cammino della Corona: le mucche dei popoli che costeggiavano la via intrapresa, fornivano il doppio del latte; ogni pecora partorì tre agnelli, e i pascoli, i campi di grano,i campi arati,e i frutteti produssero dieci volte tanto. Vedendo questi miracoli il popolo s’inginocchiava accanto alla strada. Tutti i popoli benedissero il Signore nella propria lingua, dalla città di Roma fino alla terra degli Ungheresi.
La XXXI edizione del Meeting per l'amicizia fra i popoli presenta ad un pubblico italiano, ma anche internazionale, la mostra “ Stefano d'Ungheria. Fondatore dello stato e apostolo della nazione”, ovvero l'esemplare vicenda di “integrazione” nella nuova Europa di un popolo per il tramite della virtù e della grazia divina concessa al suo sovrano. Si tratta di una storia che avviene nel decisivo e misterioso contesto dell'Anno Mille, in un momento di rara unità spirituale tra il Papato ed l'Impero, ma il visitatore attento coglierà che questa storia focalizza non un passato remoto dell'Europa, ma il suo unico possibile futuro, il suo destino. La mostra percorre le origini delle popolazioni magiare ed i loro tentativi di insediamento nel contesto europeo nel X secolo. La vicenda personale di Stefano diviene il destino del suo popolo nel contesto di grandi figure di santi quali Sant'Adalberto e San Gerardo.
…Poiché comprendo che ogni cosa creata dalla volontà di Dio e ordinata dal suo chiaro piano provvidenziale vive in virtù di una ragione, tanto nei cieli quanto nelle regioni della terra; e poiché ho avuto modo di constatare che tutte le cose concesse dalla grazia di Dio per l’utilità e la dignità della vita (gli ordini: regale, consolare, comitale, episcopale nonchè le altre dignità) sono distribuite e riunite in parte per volontà di Dio e per divina istituzione, in parte per legge civile e anche per deliberazioni degli uomini nobili e anziani; e poiché so per certo che ogni ordine sulla terra, di qualunque rango esso sia, da disposizioni e suggerimenti non solo ai propri subordinati, agli amici e ai servi, ma anche ai figli, non trovo alcun male figlio carissimo, nel donarti, mentre sono ancora in vita insegnamenti, consigli e suggerimenti, grazie ai quali tu possa far diventare bella la tua condotta di vita e quella dei tuoi sudditi, allorché, per concessione della sovrana potestà, tu regnerai dopo di me…” - (dal prologo delle Esortazioni ai figlio)